Cerca

Articolo

Teoria e pensiero economico

Alle radici della teoria marginalista. Una nota teorica - parte 1

Il recente attacco della Corte Costituzionale Tedesca alla BCE può far "cadere dal pero" solo i più o meno consapevoli sostenitori della neutralità della politica monetaria. Sarebbe precisamente questa neutralità che le recenti misure (PEPP – Pandemic Emergency Purchase Programme) metterebbero, secondo l’accusa, fortemente a rischio. Come recentemente osservato da Brancaccio, il vero problema è che questa neutralità non esiste.

Tale neutralità è esclusivamente e rigorosamente difendibile se - e solo se - si è pronti ad accettare le fondamenta teoriche della macroeconomia neoclassica. Ovvero, la teoria marginalista del valore e della distribuzione. 

Lo scopo di questa prima nota è quello di mettere a scrutinio le premesse teoriche necessarie per poter sostenere che esista una naturale tendenza a un equilibrio di piena occupazione. In una seconda nota, mostreremo come queste premesse siano necessarie anche per poter sostenere la stessa neutralità della politica monetaria. Come vedremo, in entrambi i casi, una condizione necessaria è la specificazione del capitale come un fattore di produzione omogeneo espresso in termini di valore. Ovvero, precisamente quella concezione del capitale che le controversie degli anni ’60 e ’70 hanno dimostrato essere teoricamente indifendibile.

Per rendere la discussione accessibile ma chiara, analizziamo quali siano tali premesse partendo dal caso più semplice e illustrativo di un’economia capitalistica, chiusa e competitiva.

Innanzitutto, vi è una imprescindibile premessa di partenza che riconosce l’esistenza un centro di gravità del sistema economico verso il quale, in un contesto di libera concorrenza, le forze di mercato dominanti sono spontaneamente in grado di muovere l’economia reale. Tale posizione è, dunque, il costante punto di attrazione del sistema economico attorno al quale l’economia reale gravita. 

Per essere intesa come tale, questa posizione di equilibrio deve essere persistente e stabile. La persistenza garantisce che il processo di convergenza non influisca sulla posizione di equilibrio stessa. Qualsiasi sia la posizione momentanea del sistema economico e indipendentemente dall’ aggiustamento di disequilibrio che venga messo in moto, l’unico centro di gravità resta la posizione di equilibrio che la teoria può determinare a partire dei suoi dati iniziali. La stabilità, poi, completa la persistenza fornendo una giustificazione teorica alla tendenza alla posizione normale di equilibrio. Ovvero, un’analisi delle forze correttive che entrano in atto nel processo di mercato di aggiustamento verso l’equilibrio.

Quali sono i dati necessari per determinare l’equilibrio? La condizione di persistenza, come abbiamo detto, implica un’insensibilità dei dati rispetto al processo di convergenza. Ovvero, i dati devono poter essere assunti come sufficientemente persistenti. Questi, nella teoria marginalista, sono i gusti e le preferenze dei consumatori; i metodi di produzione dominanti, le dotazioni di fattori produttivi (terra, lavoro, capitale). Un’analisi in cui tali dati sono assunti come persistenti è chiaramente lo studio di un caso limite e puramente illustrativo, definito stazionario, che consente di isolare le forze di mercato dominanti e studiarne la direzione (1).

Quali sono, a partire da questi dati e in tale contesto stazionario, le forze dominanti che consentono alla teoria di argomentare la tendenza ad una posizione normale di equilibrio e che, per di più, tale posizione è una posizione di piena occupazione dei fattori produttivi? 

Che l’equilibrio sia una posizione di piena occupazione (equilibrio concorrenziale) non è, infatti, come vogliamo chiarire, un’assunzione di partenza della teoria. La piena occupazione o, se vogliamo, la condizione di market-clearing non è un attributo implicito della nozione stessa di equilibrio. Al contrario, e questo sarebbe il suo vero merito, è un risultato che la teoria marginalista ritiene di poter dimostrare tramite le relazioni funzionali che essa individua come le “leggi naturali” di un sistema economico.

Quali sono queste leggi naturali? Senza correre il rischio di estrema sintesi, possiamo affermare che queste sono principalmente due, distinte ma interdipendenti.

La prima, già menzionata, è la libera concorrenza. Dobbiamo, tuttavia, sottolineare che la libera concorrenza si manifesta simultaneamente, nella teoria marginalista, in due modi distinti. Vi è la nozione di concorrenza orizzontale, condivisa a suo modo anche dagli autori classici, la quale sostiene che vi è una tendenza a una remunerazione uniforme di fattori produttivi di pari abilità (o qualità). Lavoratori di pari abilità, dunque, tendono a percepire uno stesso salario. Data tale orizzontalità, vi è, poi, la ulteriore nozione di concorrenza verticale che incontriamo esclusivamente nella teoria marginalista. Ed è questa, non a caso, ad essere fondamentale per la giustificazione teorica della tendenza alla piena occupazione.

Concorrenza verticale, infatti, implica che, dato l’impiego degli altri fattori (per esempio, terra e capitale), la quantità di un fattore (lavoro) domandata e occupata varia inversamente rispetto al suo prezzo (salario). Da qui, l’esistenza, nel mondo marginalista, di un prezzo di equilibrio (nel nostro esempio, un salario) in grado di assorbire l’intera offerta di un fattore (l’offerta di lavoro).

La seconda forza dominante è il principio marginalista di sostituzione fattoriale. Il meccanismo di sostituzione fattoriale opera direttamente nella sfera della produzione e indirettamente nella sfera del consumo. Tale meccanismo sostiene che, garantito un sufficiente grado di sostituzione tra i fattori di produzione, le imprese aumenteranno la domanda di quel fattore che risulti essere più economico o, nel caso indiretto, che i consumatori, a gusti e preferenze invariati, aumentino la domanda di quel bene per la cui produzione sia necessario un uso intensivo di quel fattore più economico.

Esiste, dunque, secondo la teoria marginalista, un sistema di prezzi relativi di equilibrio al quale ogni fattore di produzione troverà occupazione ed è precisamente questa posizione il naturale centro gravitazionale di un sistema economico. Vediamo come possa giustificarsi questa tendenza dell’economia al pieno impiego.

La tendenza alla piena occupazione di un fattore può essere giustificata come il risultato delle due forze dominanti che abbiamo messo in evidenza. Immaginiamo una situazione in cui alcuni lavoratori sono momentaneamente involontariamente disoccupati (l'involontarietà sottintende che essi sarebbero disposti a lavorare al livello di salario corrente), mentre gli altri fattori (capitale, terra) sono pienamente occupati.

In questa situazione, solo i lavoratori disoccupati, come suggerisce la concorrenza verticale, sono insoddisfatti e hanno un incentivo reale a cambiare la loro condizione. In accordo con il principio di sostituzione fattoriale, data la piena occupazione degli altri fattori, è possibile derivare una curva di domanda del lavoro la cui pendenza negativa e la cui sufficiente elasticità confermano ciò che in tale situazione la concorrenza verticale suggerisce: i lavoratori involontariamente disoccupati eserciteranno una pressione competitiva per una riduzione del salario. Questa riduzione sarà sufficiente per indurre le imprese a modificare la loro domanda di lavoro, risultando il fattore lavoro adesso più economico, e, così, ad aumentare il loro volume di produzione. Tale pressione e riduzione del salario continueranno fintanto che tutta la forza lavoro sarà pienamente occupata dal momento che solo in tale posizione cesserà la pressione al ribasso sul livello dei salari. Se tutti sono occupati, o meglio, se nessuno è involontariamente disoccupato, tutti sono soddisfatti.

Perché questa spiegazione sia teoricamente plausibile la teoria necessita fra i dati persistenti della specificazione in termini di quantità-valore del fattore capitale. Innanzitutto, questa è necessaria per poter dar credibilità al grado di sostituzione fattoriale che la teoria necessita. Dal momento che a differenti quantità di lavoro devono essere adattati nuovi ed eterogenei beni di capitale, se la teoria prendesse tale composizione fisica del capitale come data, il funzionamento del principio sarebbe drasticamente ridotto e non sarebbe più sufficiente per poterne derivare una tendenza dell’economia a una posizione di piena occupazione.

Inoltre, abbiamo visto come questa stabilità dell’equilibrio sia contingente alla sua persistenza. Dunque, se non si potesse specificare la dotazione del capitale come un dato permanente la cui composizione è però endogena e variabile, la teoria dell’equilibrio economico generale perderebbe appunto la sua generalità. La posizione di equilibrio diventerebbe sensibile al processo di convergenza e perderebbe la sua fondamentale proprietà di centro gravitazionale dal momento che ogni aggiustamento di disequilibrio sposterebbe il centro di gravità del sistema stesso. 

Questa specificazione del capitale è stata dimostrata come teoricamente indifendibile (2). Oltre alle conseguenze radicali che essa ha per le premesse sulle quali si fonda l’intera teoria marginalista del valore e della distribuzione (3) - senza il capitale-valore non si ha più motivo di sostenere che il centro di gravità dell’economia sia una posizione di piena occupazione e che questo possa essere giustificato tramite il principio di sostituzione fattoriale - , vedremo in una seconda nota come tale nozione marginalista del capitale sia premessa necessaria per poter sostenere la stessa neutralità della politica monetaria.


Note:

(1)  Tali forze restano dominanti anche nel momento in cui la teoria viene adottata per studiare fenomeni più prettamente dinamici e interessanti. Ovvero, casi in cui i dati stessi sono soggetti a cambiamento (progresso tecnologico, aumento della popolazione ecc.). Da qui il vantaggio metodologico dello stato stazionario che consente alla teoria di analizzarle separatamente.

(2) Reverse capital deepening e il re-switching of technique, le due critiche analitiche in Sraffa, P. (1960) “Production of commodities by means of commodities”.

(3) Per una recente discussione della controversia del capitale e della sua rilevanza per comprendere l’infondatezza teorica della dominante concezione marginalista del ‘mercato’ del lavoro, vedere per esempio https://jacobinitalia.it/la-controversia-del-capitale/.

Data
13 Luglio 2020
Articolo di
Andrea Galeotti

Andrea Galeotti

TAG
teoria marginalista

Iscriviti
alla newsletter!

Registrandoti confermi di accettare la nostra privacy policy

Andrea Galeotti

Andrea Galeotti

Andrea Galeotti è Dottoranda in Economics presso l'Università di Siena. Ex Alunna del Collegio Ghislieri, ha conseguito una Laurea Triennale in Filosofia (UniPv) e un MSc in Economics (UniSi). Si…

Commenti

  1. Per sfidare l'economia dominante, serve un approccio scientifico 11 Giugno 2024 alle 10.07

    […] Personalmente, concepisco l'economia come una scienza sociale, che indaga le mutevoli leggi di movimento delle economie capitalistiche. Penso, dunque, che vadano rigettate sia le pretese di oggettività del pensiero economico dominante sia le derive irrazionaliste della maggior parte dei suoi critici. È su questa ridefinizione epistemologica che si può costruire una critica radicale alle teorie economiche di derivazione neoclassica. […]

    Rispondi
  2. Lettera d'amore a un'economia moribonda 13 Febbraio 2024 alle 05.18

    […] non avevano mai reso esplicito che la teoria che ci stavano insegnando non solo ha un nome preciso (teoria economica neoclassica), ma anche che non è l'unica teoria economica possibile. Che la teoria economica neoclassica è […]

    Rispondi
  3. Marc Bloch, una lettura obbligatoria per ogni studente di economia 6 Febbraio 2022 alle 09.56

    […] così non si finirà a realizzare modelli in cui la moneta diventa un fastidioso orpello da incorporare dopo, ex post. Mentre è qualcosa di […]

    Rispondi
  4. Per farla finita con la divisione tra Stato e mercato 16 Novembre 2021 alle 20.56

    […] Si tratta di un cambiamento di prospettiva notevole rispetto all’importanza, minima, rivestita dalle istituzioni nella teoria neoclassica.  […]

    Rispondi
  5. Il salario minimo, dalla teoria alla pratica 24 Ottobre 2021 alle 15.59

    […] teoria economica neoclassica fornisce infatti una risposta univoca riguardo agli effetti del salario minimo. In un contesto […]

    Rispondi
  6. Le disuguaglianze sono un problema politico (e di teoria economica) 2 Luglio 2021 alle 14.00

    […] problema era già stato evidenziato da Samuelson nel suo classico Economics: la teoria economica mainstream – si pensi ad esempio ai teoremi dell’economia del benessere – è più interessata a […]

    Rispondi
  7. Cambiare il linguaggio per chiamare il mainstream con il suo nome 23 Maggio 2021 alle 11.03

    […] sola valida (c’è da puntualizzare però il fatto che la teoria marginalista, quella dominante, contiene vizi logici o errori analitici, mentre la teoria classica ha generalmente superato le sue problematiche […]

    Rispondi
  8. Per un'economia della complessità 19 Febbraio 2021 alle 16.35

    […] e delle interazioni non economico-razionali è necessario oltrepassare la modellizzazione marginalista e approdare a un’economia della […]

    Rispondi
  9. Leggere Piero Sraffa per capire l'economia #Sraffa60 19 Novembre 2020 alle 15.31

    […] opera fondamentale di Piero Sraffa. Non ci soffermeremo sul ruolo cruciale che gioca Sraffa nella critica alla teoria marginalista e nella controversia sul capitale, nota anche come la “controversia fra le due […]

    Rispondi
  10. Le sfide dell'Argentina fra debito estero ed "empate" politico 4 Novembre 2020 alle 15.25

    […] rifacciamo alla revisione della teoria classica del valore e della distribuzione fornitaci da Piero Sraffa e Pierangelo Garegnani, la dipendenza può essere intesa come un modo di aggravare la condizione […]

    Rispondi

Rispondi Cancella

Inserisci il commento
Inserisci il tuo nome
Hai inserito un indirizzo email non valido
Inserisci il tuo indirizzo email

Articoli correlati

Dal mondo

In una Francia spaccata, che economia vogliono destra e sinistra?

Le idee dei partiti al tramonto dell'era Macron

29 Luglio 2024   |   Letizia Molinari

Teoria e pensiero economico

L'economia neoclassica nelle università: il dibattito

20 Maggio 2024   |   Redazione Kritica Economica

Teoria e pensiero economico

No room for pluralism

Carving out niches to survive or promoting a paradigm shift?

20 Maggio 2024   |   Steve Keen

Teoria e pensiero economico

Non c'è spazio per il pluralismo

Ritagliarsi nicchie per sopravvivere o promuovere un cambio di paradigma?

20 Maggio 2024   |   Steve Keen

Analisi

Perché l'agro-business ce l'ha con l'Unione europea

L'ira dei trattori contro le regole green. Sullo sfondo lo spettro dell'America Latina

2 Aprile 2024   |   Andrea Taborri

Attualità

La transizione ecologica dell'ex Gkn fra idee e pratica

L'intervento di Dario Salvetti in Sapienza

30 Marzo 2024   |   Dario Salvetti

Dal mondo

Il contropiede del Sud del mondo sulla tassazione internazionale

Cosa cambia con il voto all'Onu

20 Marzo 2024   |   Domenico Viola

Teoria e pensiero economico

Un keynesiano “tecnologico”

L’economia politica di Luigi Pasinetti

29 Febbraio 2024   |   Stefano Lucarelli

Teoria e pensiero economico

Le "vecchie bottiglie" di Keynes

Quale politica di rilancio per evitare la guerra?

16 Febbraio 2024   |   Michele Bee, Raphaël Fèvre

Visualizza più articoli

Rimani in contatto.
Iscriviti alla newsletter!

Registrandoti confermi di accettare la nostra privacy policy

KriticaEconomica
è completamente indipendente
ed autofinanziata.
Sostienici con una donazione.

Codice IBAN: IT18Y0501803200000016759425

Questo sito è stato realizzato con il supporto di YSI - Young Scholars Initiative, una comunità globale di pensatori critici che finanzia iniziative per il pluralismo nell'economia

Kritica Economica è una rivista indipendente creata da un gruppo di universitari, ricercatori e studiosi di varie estrazioni, appassionati di economia e politica economica.

Contatti
info@kriticaeconomica.com

All Content © Kritica Economica 2022
All Rights Reserved
Design Big Sur

Privacy policy

Facebook Twitter Instagram Youtube Telegram-plane Linkedin-in Envelope