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Tax the rich

Riflettiamo sull'aumento della tassazione sui super-ricchi, a partire dalla provocazione e dalle proposte della deputata statunitense Alexandria Ocasio-Cortez.

Abbassare le tasse? La situazione è un po' più complessa

Non esiste partito al mondo con l'ambizione di vincere le elezioni che non prometta un taglio delle tasse. Nel nostro paese sono anni che viene ripetuto che le tasse sono troppo alte, che scoraggiano la crescita, per non parlare del taglio del cuneo fiscale.

Ma, come cantavano gli Afterhours proprio in "Questo Pazzo Mondo di Tasse", prima o poi la sostanza si vendica sulla poesia. Tagliare le tasse è un ottimo slogan, quasi poetico. Ma la situazione è un po' più complessa.

Quando negli anni '70 il nostro paese introdusse l'Irpef, l'imposta presentava un'aliquota, oltre i 258mila euro odierni, del 72%. Oggi l'aliquota massima, oltre i 75mila euro, è del 43%. Si tratta di una tendenza mondiale e che non riguarda soltanto l'income tax, ma anche le tasse sulle imprese e i guadagni in conto capitale.

L'idea che tagliando le tasse ai ricchi la ricchezza si sarebbe poi distribuita anche tra le fasce meno abbienti della società ha avuto un certo fascino a partire dagli anni '80, quando prese piede in USA la cosiddetta trickle down economics.

La curva di Laffer: un artificio matematico e nulla più

Uno dei pilastri di questa "teoria" era la cosiddetta curva di Laffer. Considerandolo in funzione dell'aliquota, il gettito avrebbe un massimo e oltre questo punto alzare le tasse non porterebbe a maggiori entrate per lo stato, ma anzi a una diminuzione.

Si tratta di un'affermazione banale, in quanto essendo il gettito una funzione continua su un intervallo limitato, per il teorema di Weierstrass, questa ha ovviamente un punto di massimo o minimo.

Il problema, empirico, è determinarlo, questo punto di massimo. Secondo Saez e Diamond, l'aliquota marginale sui cittadini più ricchi dovrebbe essere del 70%.

Invece, la curva di Laffer divenne una giustificazione teorica per qualunque taglio delle tasse e contribuì a consolidare l'idea che un'elevata tassazione disincentivi la crescita economica.

Oggi però sappiamo che le politiche portate avanti dagli anni '80 hanno sostanzialmente portato a disuguaglianze crescenti, come ha mostrato ad esempio una ricerca della London School of Economics di David Hope e Julian Limberg. I frutti della crescita economica non sono andati, come sostenevano i fautori della trickle down economics, ai ceti meno abbienti: la crescita ha favorito i più ricchi.

La pandemia ha però messo a nudo le fragilità insite a questo sistema. Mentre la popolazione ha vissuto momenti di grande incertezza per il futuro, i miliardari hanno addirittura incrementato il loro patrimonio.

L'amministrazione Biden sta spingendo in questi mesi per aumentare le tasse ai più ricchi, come dimostra il tentativo di aumentare la capital gain tax nonostante la situazione difficile alle camere.

In questo contesto si inserisce la decisione di Alexandria Ocasio Cortez: la deputata democratica vicina a Bernie Sanders ha presenziato al Met Gala con addosso un vestito su cui è cucito lo slogan "tax the rich".

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Tassare di più non basta: perché dobbiamo spingerci oltre

Non si può però ricadere nell'inganno redistributivo: come ha scritto Daron Acemoglu, nessuna società ha mai raggiunto la prosperità solo attraverso la redistribuzione, alzando le tasse ai ricchi.

Invece, è necessario andare ad agire da un punto di vista politico per creare un sistema che funzioni per chi in questi anni è rimasto indietro.

Un punto di partenza è, come citato prima, intervenire nella legislazione sul lavoro. Il dogma della flessibilità è ormai agli sgoccioli. Paesi come la Danimarca, che furono i primi ad adottare sistemi di flexisicurity, stanno tornando sui loro passi.

Nel nostro paese, per esempio, manca un salario minimo: una misura presente pressoché ovunque in Europa. Questo però non basta: proprio perché il mercato è il risultato dell'interazione e delle regole tra più entità, è necessaria una riforma della rappresentanza sindacale.

In conclusione, per invertire la tendenza di questi anni è certamente necessario un ritorno a una tassazione più progressiva ("tax the rich"). Allo stesso tempo, però, ciò non basta: serve una politica ambiziosa che, consapevole dell'importanza delle istituzioni nel creare il mercato, si ponga come obiettivo quello di una crescita inclusiva e sostenibile.

Data
15 Settembre 2021
Articolo di
Mattia Marasti

Mattia Marasti

TAG
america, aoc, disuguaglianze, Stati Uniti, tax the rich

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Mattia Marasti

Mattia Marasti

23 anni, nato a Scandiano, studente di Matematica.

Commenti

  1. Andrea 18 Ottobre 2021 alle 08.47

    Il problema non sono le aliquote ma l’imponibile. Il reddito delle multinazionali è indeterminabile ed impossibile da geolicalizzare, per i singoli stati, quindi puoi aumentare le aliquote quanto vuoi che non risolverai nulla… Il 100% di 0 è sempre 0???? Bisogna passare a tassare (con aliquote diverse naturalmente) i fatturati. Questi sono ineludibili e ben geolicalizzati! Un sistema molto più semplice e giusto. Perché da sempre gli operai pagano le tasse su ciò che incassano mentre le aziende su ciò che DICONO DI GUADAGNARE??? La prova della validità di questo sistema è la web tax…. Appena è stata proposta, questa tassa minimissima sui fatturati, le multinazionali hanno spinto BIDEN a proporre l’alternativa della tassazione minima internazionale, per tornare a parlare di redditi, che sanno di poter manipolare a loro piacimento!!!!

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